(adattato dal vecchio blog Sikeloi.net, 2011)
Garibaldi sapeva bene che, per portare a termine la sua “impresa” in Sicilia, sarebbe stato essenziale l’appoggio dei siciliani. Doveva essere visto, quindi, non solo come un liberatore, ma anche come l’ispiratore di una nuova società, libera da miseria e ingiustizie. Per questo, il 2 giugno 1860, emanò un decreto che prometteva, innanzitutto e soprattutto, la divisione delle terre.
In mancanza di riscontro alle promesse fatte, nel mese di agosto, a Bronte, il malcontento popolare si tramutò in vera e propria rivolta, cruenta rivolta, indegna rivolta, è giusto dirlo, con decine di case date alle fiamme, insieme al teatro e all’archivio comunale. Sedici furono i morti, tra nobili, ufficiali e civili.
Per sedarla, Gerolamo Bixio, detto Nino, che non doveva avere in gran simpatia quei luoghi se è vero che scrisse alla moglie Adelaide parole del tipo «Che paesi! Si potrebbero chiamare dei veri porcili! Questo insomma è un paese che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Africa a farli civili», … per sedare la rivolta, dicevo, Gerolamo Bixio applicò lo stato d’assedio e pesanti sanzioni economiche alla popolazione, nonché costituì un tribunale che, in poche ore, giudicò circa 150 persone e ne condannò 5 alla fucilazione!
I cadaveri di NICOLO’ LOMBARDO, il sindaco, di NUNZIO CIRALDO FRAIUNCO, demente, incapace d’intendere e di volere, a cui nessuno del plotone d’esecuzione ebbe il coraggio di sparare, di NUNZIO LONGI LONGHITANO, di NUNZIO NUNNO SPITALERI, di NUNZIO SAMPERI, vennero lasciati esposti al pubblico e insepolti, in segno di ammonizione!
Peccato, per il nostro Gerolamo, che successive ricostruzioni storiche abbiano appurato la loro innocenza!