(adattato dal vecchio blog Sikeloi.net, 2015)
L’estate del 2012, fui costretto a muovermi con le stampelle per un maldestro interventino al piede.
Nel tardo pomeriggio di un giorno di metà luglio, quando mio cugino mi telefonò per informarmi che mio papà, nella casa di villeggiatura al mare, stava forse per andarsene, non feci in tempo a vederlo vivo per l’ultima volta.
Potei solo baciare il corpo di un omone ridottosi a quaranta chili scarsi, senza nemmeno più una goccia di sangue in corpo. Pare che il tempo avesse logorato anche i tubi in teflon che, da anni, gli facevano da aorta.
La cerimonia funebre si tenne il giorno dopo, nella chiesetta della ridente località.
Prima di percorrere quei venti, trenta chilometri che lo avrebbero condotto nella sua nuova casa, per rispetto alle usanze del luogo acconsentimmo a percorrere, in corteo, i due, trecento metri in ripida salita che, dalla chiesetta, conducono all’ingresso del centro abitato.
Arrivai in cima sudato e senza molto fiato e credo non debba essere stato uno splendido spettacolo il vedermi camminare a braccio di mia madre, sovrappeso più del solito, claudicante.
Era capitato, in passato, che incrociassi Daniela, attraversando la passerella del palazzo in centro in cui abitava.
Al mio timido saluto, rispondeva sempre il suo sguardo dubbioso.
Credo neppure inquadrasse chi io fossi. Del resto, mi avrà visto, ragazzino, un paio di volte o poco più, negli anni del suo tempestoso matrimonio con un mio mezzo cugino.
Il suo essere una ragazza estremamente dolce e perbene, oltre che bella, fece sì che anche i parenti del marito avessero continuato a volerle bene.
Nei confronti dei miei, poi, era rimasto un grandissimo affetto, manifestato lucidamente in ogni occasione.
Alla fine della salita, quindi, ci fermammo accanto al carro funebre, osservando, per mero effetto topografico dall’alto verso il basso, gli amici e i parenti che si avvicinavano a noi.
Immagino che, nell’occasione, avesse finalmente inquadrato chi io fossi, per quale motivo la salutassi incrociandola lungo la passerella!
La vidi venire dritta da me, prima ancora che da mia madre o da mio fratello, che pure conosceva bene, sguardo nei miei occhi, nello splendore di una ragazza che si avviava ai sessanta.
Mi abbracciò con un affetto che sentii infinito, mi baciò e mi sussurrò bellissime parole che non ricordo.
Mi lasciò, quindi, al saluto degli altri, ma tornò ad abbracciarmi, prima che andassimo via in macchina.
In questi due anni e mezzo, ho spesso pensato a quel suo abbraccio come a un momento di grandissima dolcezza.
Avrei voluta rincontrarla. Stavolta, lei avrebbe risposto al mio saluto!
Ma non capitò.
Adesso, quel ricordo lo porterò nel cuore, indelebile.
Ciao Daniela!