Non sono un esperto di cani, per nulla direi, non ne ho mai avuto uno. Sono cresciuto coi gatti piuttosto, dai sei, sette anni forse, fino a tuttora, esseri intelligentissimi, indipendenti, indisponenti a volte, ma capaci di grandi e inaspettate manifestazioni d’affetto.
Ma l’esperienza di un cane, un cane di grossa taglia possibilmente, un amico fidato, quasi devoto, al quale magari dover dedicare tante (e non vorrei troppe, per me) attenzioni, neppure paragonabili a quelle che necessitano al piccolo felino, … un’esperienza del genere mi sarebbe piaciuta e, all’inizio della mia terza età e con qualche acciacco che inizia a dare da pensare, mi piacerebbe forse un giorno fare!
Cani, dunque.
Ogni regione, ogni territorio ne ha di suoi propri, più o meno autoctoni e più o meno tipici, la cui origine è, la gran parte delle volte, radicata al mondo rurale. Diversamente non poteva essere per la mia amata terra, la Sicilia!
Il Mastino siciliano, o Cane di mànnara (da mànnara, ovile, ovvero da mànnira, mandria), forse la più antica razza italiana insieme al Cirneco dell’Etna, cane da pastore da sempre adibito alla guardia delle greggi e, come tale, diffidente con gli estranei, ma docile e protettivo con chi estraneo non è. Spesso considerato di purissima … razza bastarda, si è forse proprio per questo salvato dagli eccessi di una selezione che mirasse principalmente, o esclusivamente, alla salvaguardia di requisiti estetici e si è affermato come razza robusta e forte, sebbene la sua diffusione sia andata drasticamente riducendosi nel tempo.
Il citato Cirneco dell’Etna, cane da caccia estremamente snello, che supplisce a una velocità inferiore a quella dei levrieri con una grandissima agilità e con la capacità di sentirsi a suo agio anche su terreni rocciosi e irti. A fronte di un nome che lo associa strettamente al territorio catanese, in realtà non è propriamente autoctono, provenendo dall’Egitto dei faraoni secondo alcuni, dalla Cirenaica secondo altri. Molto legato al suo padrone, gode di buona salute ed è particolarmente longevo, riuscendo comunemente a vivere anche più di quindici anni.
Lo Spino degli Iblei, tipico dell’altopiano della mia terra, è un cane da mandria e da guardia robusto e forte, coraggioso e docile nel contempo, caratterizzato da pelo lungo, di norma chiaro con pezzature scure o color miele più o meno estese.
Lo Spinotto siciliano, tipico della Piana di Vittoria, è quasi uno Spino in miniatura di colore scuro, di taglia piccola, pochi chili al massimo, ma ottima sentinella grazie al suo formidabile udito e al suo abbaiare ininterrotto al minimo segnale di allerta.
Il Branchiero, cane bovaro agile e forte adibito al controllo delle mandrie, alle quali tende ad affiancarsi, piuttosto che a seguirle. La sua diffusione è andata purtroppo sensibilmente scemando.
Il Vuccirìscu, razza ridotta a uno sparuto numero di esemplari e che si sta lentamente e con difficoltà tentando di salvare, prende il nome dalla Vuccirìa, il tipico mercato rionale di Palermo, dove si narra che siano stati proprio i commercianti a salvarne gli esemplari abbandonati dai nobili palermitani. Storia o leggenda, alimentata magari da malcelata rivalità di classe, non è dato saperlo!
Il Dogo siciliano, o Alano siciliano, molosso forte e potente dal pelo chiaro e corto, anch’esso quasi se non già estinto, purtroppo.
Queste le razze … canoniche!
Vi è, poi, un altro tipo di classificazione in cui, accanto al significato per così dire canonico, si aggiunge un’accezione diversa, spesso riferita a un individuo, a una persona.
Così, se il Cane di mànnara è un cane da pastore intelligente e affidabile, dare del can’ ‘i mànnira a qualcuno equivale a dirgli quanto egli sia devoto, ligio a un qualsiasi dovere o compito gli venga affidato!
Di significato analogo è il dare del can’ ‘i pirrèra, espressione che richiama quei meticci adibiti come cani da guardiania nelle pirrère, le solfara, le miniera di zolfo, o anche semplicemente cave di pietra, come nel ragusano.
Con can’ ‘i bancàta si indica un randagio che staziona tra i banchi di un mercato in attesa, o in cerca, di qualcosa da addentare. L’espressione, che equivale forse a Vuccirìscu, viene anche riferita a persona intelligente e scaltra, “sperta” in siciliano, che si rifiuta di sottostare ad altri e rifugge da ogni regola!
Dare del can’ ‘i mahònza, invece, ha un valore dispregiativo, significa dare dell’infido, del traditore a qualcuno. L’espressione deriva dalla storpiatura del nome Gano di Magonza, personaggio della Chanson de Roland, patrigno di Orlando e cognato di Carlo Magno re dei Franchi, che però egli tradirà.
Anni fa, il caro Piero, fraterno amico di mio fratello Luigi, nonché mio mancato testimone di nozze, per tanto così, … anni fa, ci raccontò un ilare episodio che ci fece quasi scompisciare dalle risate!
In compagnia di alcune persone, tutte amanti e super esperte di razze canine, era costretto ad ascoltare i nomi altisonanti ed esterofili dei loro magnifici esemplari. In possesso egli, invece, di un banale meticcio, alla richiesta su cosa fosse il suo cane, semplicemente rispose … “un Pirman”!
Al che, i super esperti annuirono tutti con un’espressione del tipo … “ooohhh, addirittura, caspita”!
Non mancò, però, il tipo più sempliciotto e meno smaliziato che osò chiedere … “che razza è?”!
La risposta di Piero, imperterrito, … “un incrocio tra ‘n can’ ‘i pirrèra e ‘n can’ ‘i mànnira”, ossia … un purissimo bastardino!
Tempi che non torneranno più …