Riprendo con piacere, dall’archivio del vecchio Sikeloi, un pezzo pubblicato nel mese di agosto del 2011, dal titolo “… siamo come gli indiani d’America!”. Nel tempo, altri lo hanno ripreso e, più o meno brillantemente, pubblicato. In qualche caso, citando perlomeno la fonte e di questo sono loro grato.
Sul testo originario ho apportato alcune modifiche e semplificazioni. Rileggendolo, mi sono reso conto di come, a quel tempo, fossi un po’ irruente, magari più passionario, ma decisamente volgare a volte.
Credo sia ancora gradevole da leggere e, in fin dei conti, mai passato di moda …
Il professor David Carrasco, nel suo Religions of Mesoamerica ha sostenuto che, plausibilmente, «nel 1500 circa 80 milioni di abitanti occupavano il Nuovo Mondo. Nel 1550 solo 10 milioni di indigeni sopravvivevano. In Messico vi erano circa 25 milioni di persone nel 1500. Nel 1600 solo un milione di indigeni mesoamericani erano ancora vivi»!
Gli Ojibway (o Chippewa, come impropriamente chiamati dai bianchi), che un tempo vivevano nell’odierno Michigan e lungo le coste settentrionali dei Grandi Laghi.
I Nez Percé (Nasi Forati) della regione nord-occidentale degli Stati Uniti, oggi praticamente estinti!
Gli Shoshoni delle Grandi Pianure.
I mitici Sioux di Tatanka Iyotake o Tatanka Yotanka (Toro Seduto, più correttamente Bisonte Seduto) e di Tashunka Witko (Cavallo Pazzo).
Gli ambigui Comanche.
I Cheyenne, ridotti ormai a poche migliaia.
I Cherokee, una delle cosiddette cinque tribù civilizzate (Chickasaw, Choctaw, Creek e Seminole, le altre), così chiamate dai colonizzatori per i buoni rapporti e per avere adottato molte delle loro usanze.
Gli Arapaho, che nel 2005 vinsero un contenzioso con lo Stato del Wyoming, aprendo propri casinò.
I Navajo dell’Arizona, oggi il gruppo residuale più consistente.
Gli Apache, oggi relegati in alcune riserve nel sud degli Stati Uniti.
Gli Yaqui, tra Stati Uniti e Messico.
E tutti gli altri …
Tornando al professor Carrasco e alla mattanza dei nativi d’America, le cause sarebbero state diverse: lo sterminio perpetrato dagli invasori; le nuove malattie; i lavori forzati; l’annientamento della loro fede, della loro cultura, delle loro tradizioni, che portarono anche a suicidi di massa; guerre tra tribù, spesso aizzate dagli invasori, … divide et impera!
Riporto testualmente da Wikipedia, alla voce Genocidio dei nativi americani: «una tattica comune a tutti gli invasori fu la denigrazione dell’avversario: i nativi furono descritti come esseri bestiali, dediti alle più turpi attività, seguaci del demonio e privi di qualsiasi elemento culturale. Queste idee trovarono terreno fertile negli uomini dell’epoca e furono un motore formidabile di motivazione per i conquistadores e le potenze coloniali».
Vorrei anche ricordare come, credo ancora fino alla metà del Novecento, tra i nativi vi fossero, in molti casi, abuso di alcol e un tasso di suicidi superiori alla norma, frutti di un senso di inferiorità, di un senso di colpa addirittura, che non avevano alcun motivo di sussistere, ma che si erano radicati fin nella loro anima.
Ancora da Wikipedia: «alcuni studiosi ritengono che ci furono numerosi tentativi di occultamento, quasi fino a giorni nostri, di gran parte dei documenti prodotti dai nativi e in alcuni casi persino delle rovine archeologiche».
Praticamente negli stessi anni di Tatanka Iyotake, in Italia operava, invece, quel Cesare Lombroso che, nel 1876 a Torino, avrebbe fondato il Museo di Antropologia Criminale, il museo degli orrori, vergogna tra le vergogne dell’Italia unitaria!
E oggi? Qual è, oggi, la posizione nei confronti dei nativi d’America?
Sempre da Wikipedia, stavolta alla voce Popoli indigeni delle Americhe, riporto un passaggio del volume America indiana. Storia, cultura, situazione degli indios., curato dallo storico marchigiano Ruggiero Romano: «L’atteggiamento attuale nei confronti dei nativi è bivalente: da una parte quello del silenzio, da quell’altra si cerca di porsi nel senso dell’integrazione. Quest’ultimo comportamento viene da molte parti incoraggiato in quanto considerato utile per far uscire gli indigeni dal loro sottosviluppo».
In sostanza, sono stati sterminati, si è tolto loro tutto ciò che si poteva, sono stati reclusi in riserve, sono state annientate la loro cultura e le loro tradizioni … e adesso si vorrebbe la loro integrazione?! Per farli uscire dal sottosviluppo?!
Di fatto, una presa di coscienza più piena e consapevole, da parti dei nativi d’America, della loro Storia e della loro reale condizione di popoli sottomessi e vessati ebbe inizio soltanto nel corso del XIX secolo. Dopo ben quattrocento anni!
Per quanto riguarda noi, invece, per dirla con Pippo Scianò, “… e nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò «Colonia»!” (Pitti Edizioni, Palermo, 2018)
C’è speranza, dunque!