(ripreso dal vecchio blog Sikeloi.net, 2011)
“… ‘u vittimu, ‘u svittimu, ‘u persimu di vista, ‘u sett’ e mienzu durau veru picca …”
Per larga parte della storiografia ufficiale, la Rivoluzione cosiddetta del sette e mezzo, dal 15 al 22 settembre 1866, sarebbe stata solo una rivolta clerico-mafiosa, tralasciando come, nella realtà, essa abbia avuto connotazioni prettamente popolari, col coinvolgimento di artigiani, contadini, preti, ex impiegati, parte della borghesia, giovani, tantissimi giovani, la stragrande maggioranza dei quali indipendentisti!
Tralasciando come essa sia stata sedata da quarantamila soldati dell’esercito italo-piemontese, mentre Palermo veniva bombardata dal mare!
Un po’ troppi … ppi quattru parrini e quattru mafiusi!
Tralasciando come i morti siano stati migliaia, come i rastrellamenti e le esecuzioni siano proseguiti per un paio di anni!
Del resto, se anche sulla rete le cifre cominciano a essere aggiornate, se si comincia a parlare di trentacinquemila rivoltosi solo in provincia di Palermo, cifra ancora in difetto, … ma già un po’ troppi … ppi parrari ri quattru parrini e quattru mafiusi!
La repressione fu talmente dura, che coloro i quali avevano partecipato alla rivolta cercarono di negarlo, di nasconderlo, per salvare loro stessi e le loro famiglie.
Si narra che tra di loro si riconoscessero per un verso, un meraviglioso verso, “… ‘u vittimu, ‘u svittimu, ‘u persimu di vista, ‘u sett’ e mienzu durau veru picca …”!
Pare che molti giovani venissero anche da fuori Palermo, dai centri vicini. E che, nel momento in cui Palermo fu sul punto di soccombere, siano stati lasciati liberi di andar via, di tornare alle loro case.
Non lo fecero, combatterono e molti morirono per una città che non era la loro, ma per ideali che erano invece loro o che avevano fatto loro, in una impari lotta contro prepotenza e sopruso!
Ne vennero anche da Corleone, la città dei Bentivegna e dei mafiosi d’alto rango, apertamente schieratisi dalla parte degli italo-piemontesi.
Eppure la mafia di allora non osò impedirne la scelta di campo, avrebbe forse rischiato di mettersi contro un popolo intero.
La forza del popolo!
Ecco, dovremmo andare fieri del loro coraggio e trarne spunto per il nostro, di coraggio!