(adattato dal vecchio blog Sikeloi.net, 2014)
Ruggero Settimo nacque a Palermo il 19 maggio del 1778, da un’antica famiglia di origini nobiliari, discendente da mercanti pisani trasferitisi in Sicilia nel XV secolo.
Ammiraglio della flotta borbonica, appoggiò la promulgazione della Costituzione siciliana del 1812, l’unica, vera costituzione di uno stato preunitario, con un impianto che ricalcava il modello inglese, estremamente moderna e liberale per i tempi, con il potere legislativo affidato a due camere, l’esecutivo in mano al re e il giudiziario di competenza di togati formalmente indipendenti.
Fu Ministro della Marina del Regno di Sicilia nel biennio 1812-1813, della Guerra nel 1813-1814.
Dal 1816, con la soppressione della Costituzione siciliana da parte di Ferdinando di Borbone, passò all’opposizione.
Durante la rivoluzione che, con alterne vicende, si sarebbe protratta per tutto l’anno 1820 e per buona parte del 1821 (una delle più grandi ed eroiche rivoluzioni indipendentiste della storia della Sicilia, sebbene la storiografia ufficiale la declassi a semplici “moti”), fece parte del governo provvisorio di Palermo che dichiarò, seppur momentaneamente, l’indipendenza da Napoli. Indipendenza messa ai voti e approvata da almeno i due terzi della popolazione.
Fu uno dei protagonisti della rivoluzione scoppiata il 12 gennaio del 1848.
Presidente del comitato insurrezionale, con Mariano Stabile segretario generale, la sua persona fu dichiarata “Inviolabile”.
Presidente del governo siciliano, il 10 maggio fu proclamato “padre della patria siciliana”.
Il 15 maggio 1849, dopo quasi un anno e mezzo di resistenza, Palermo e l’intera isola caddero in mano borbonica. Una resistenza strenua alla quale, deve dirsi, la storiografia ufficiale non ha mai dato il risalto che avrebbe meritato!
La rivoluzione del 1848 poté vantare una Costituzione portata a esempio di costituzione progressista e liberale e che precedette il ben più osannato Statuto Albertino! Costituzione che, all’articolo 2, recita … «La Sicilia sarà sempre Stato indipendente», … altro che Italia!
Rivoluzione, ancora, che si fregiò anche di altri primati, quale l’istituzione a Palermo, nel mese di agosto del 1848, della Legione delle Pie Sorelle, un migliaio di donne dedite a opere di carità, alla gestione di un collegio per ragazze povere, al sostegno di vedove e di orfane e quant’altro. Una sorta di antesignana della moderna Croce Rossa!
Con la caduta in mano borbonica, i vertici della rivoluzione andarono in esilio.
Ruggero Settimo fuggì, a bordo della nave HMS Bulldog, alla volta di Malta, allora territorio britannico, dove venne accolto con tutti gli onori riservati a un capo di Stato!
Rientrò dall’esilio solamente dopo l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, nell’ottobre del 1860. Annessione che egli approvò!
Il 20 gennaio 1861, fu nominato senatore e, dal mese di febbraio fino alla morte, fu presidente del nuovo Senato del Regno.
Questi ultimi elementi stonano terribilmente, ai miei occhi, con l’immagine di Ruggero Settimo rivoluzionario, “Inviolabile”, “padre della patria siciliana”.
Ne volli chiedere lumi, in passato, a Pippo Scianò, la cui fine preparazione storica, unitamente a una non comune signorilità, si accompagna a una grande onestà intellettuale e alla capacità di non perdere mai di vista l’obiettività.
«… la mia ferita sanguinante …» fu la sua risposta immediata, istintiva, al telefono!
Frase che rispecchia tutta la sua compassione, nel senso più strettamente e nobilmente etimologico di “cum patior”, soffro con, la comunione intima di un dolore che non nasce come proprio, la manifestazione di un sentimento di profonda unione tra gli uomini.
Ruggero Settimo, mi diceva Pippo Scianò, era di fatto “prigioniero” degli inglesi in una sorta di gabbia dorata. E agli inglesi non interessava una Sicilia indipendente, semmai auspicavano la nascita di uno stato monolitico, dalle Alpi alla Sicilia.
Fu così che egli, malgrado scrivani a sua disposizione, dovette piegarsi a scrivere, ma pur sempre con parole misurate, alcune lettere autografe in cui riconosceva la figura e il ruolo del re.
Si aggiunga che, all’epoca, era ultraottantenne, … un ultraottantenne di 150 anni fa!
Pippo Scianò non lo biasimava più di tanto e, soprattutto, non lo condannava, per quanto gli ultimi eventi rappresentassero «… la mia ferita sanguinante …»!
Al contrario, i fatti e gli avvenimenti dell’ultima parte della sua vita non potrebbero mai e poi mai cancellare o inficiare la grandezza della sua figura di “padre della patria siciliana”.
Ruggero Settimo morì a Malta, il 12 maggio del 1863.
È sepolto nella chiesa di San Domenico, a Palermo.