(adattato dal vecchio blog Sikeloi.net, 2014)
Del professor Corrado Mirto ebbi modo di apprezzare, a più riprese, la cultura, la passione politica, l’immensa umanità e la semplicità. A Palermo come a Enna, a Modica, l’amata Modica di sua madre dove, da sempre, era solito passare le festività e le vacanze.
La comune origine iblea facilitò, all’origine, la nostra conoscenza, con una sorta di complicità che ci consentì di scherzare anche su quel campanilismo che contrappone, classicamente, modicani e ragusani. Ma che, a dire il vero, non ci apparteneva!
Tra i semplici aneddoti che, spesso, mi raccontava, … quando arriva il vento gelido e asciutto, tagliente, del nord, quel maestrale o quella tramontana che io adoro e che, a Ragusa, talvolta viene chiamato ‘u ciaramuntanu, a Modica si parla di ‘u rahusanu. Anzi, … camurria, arrivau ‘u rahusanu!
A Modica andai spesso a trovarlo. Nell’estate del 2012, passammo una meravigliosa serata seduti al tavolino all’aperto di un caffè su Corso Umberto, a goderci magnifiche granite di fichi e mandorle tostate, chiacchierando e ridendo su episodi che ci avevano visti coinvolti.
Fu professore universitario di Storia Medioevale, a Palermo.
Per meglio dire, egli è stato unanimemente considerato tra i massimi esperti, se non il massimo esperto, di storia medioevale siciliana!
Finanche in tarda età, al rinvenimento di reperti storici di incerta attribuzione, era chiamato a dirimere ogni dubbio.
Tra le cose di cui, credo, andasse più fiero, il recupero storico e la riscoperta della tomba di Federico III di Sicilia … “un re da leggenda”, come ebbe a definirlo, nel 1951, lo storico spagnolo Rafael Olivar Bertrand.
Nato a Barcellona il 13 dicembre del 1273 (o del 1274), da Pietro III il Grande, re d’Aragona, e dalla sicilianissima Costanza II di Sicilia (anche Costanza di Hohenstaufen o Costanza d’Aragona), figlia di Manfredi, re di Sicilia, dall’età di nove anni visse in Sicilia.
Da grande, da re, … per la Sicilia!
Nel suo pamphlet “Federico III di Sicilia: un grande sovrano per un grande popolo”, il professore Mirto amaramente rifletteva, … «Quando si vuole ridurre un popolo allo stato coloniale gli si toglie la cultura, la lingua e la storia, in maniera che i “colonizzati” finiscano con l’identificarsi con la cultura, la lingua e la storia del paese dominante. E così i Siciliani si sono convinti del fatto che non hanno una loro cultura, che la loro lingua è un rozzo dialetto (nel secolo XIV e XV invece la Real Cancelleria emanava in lingua siciliana documenti firmati dal sovrano), che non hanno una loro storia. Infatti parte della storia siciliana è stata fatta scomparire e, quella che è rimasta, viene presentata come un susseguirsi di dominazioni straniere che vedono i Siciliani oggetto inerte della storia».
La storia e la figura di Federico III sono tra quelle che si è provato a far sparire. O, quantomeno, a deformare.
A partire già dal nome!
Egli si sarebbe dovuto chiamare Federico II, ma optò per il numerale III in omaggio al bisnonno Federico II di Svevia, stupor mundi, Imperatore del Sacro Romano Impero con questo nome e re di Sicilia come Federico I.
Chi, tra gli storici, ha inteso minimizzarne la portata, ha fatto prevalere il nome Federico II, eventualmente d’Aragona, creando confusione col più famoso bisnonno e disperdendo, o almeno diluendo, in questo modo, l’effettiva portata della sua figura.
Il 15 gennaio 1296, il Parlamento siciliano, riunito al Castello Ursino di Catania, lo nominò re in sostituzione del fratello Giacomo II d’Aragona, di Valencia e Conte di Barcellona (nonché usurpatore del Regno di Sicilia!), reo di aver sottoscritto il trattato di pace di Anagni, voluto da papa Bonifacio VIII, che prevedeva la ritirata degli aragonesi e la cessione della Sicilia agli Angiò.
Il successivo 25 marzo, Federico III venne formalmente incoronato nella cattedrale di Palermo, nell’entusiasmo popolare.
In un tempo in cui si diveniva sovrani per diritto divino, già l’insolita decadenza di un re e l’ascesa di un nuovo sovrano per espresso volere del popolo, deve aver rappresentato qualcosa di eccezionale.
Federico riprese la guerra del Vespro, che vedeva il piccolo Regno di Sicilia difendersi da angioini di Napoli, guelfi italiani, regno di Francia, regno d’Aragona, papato di Bonifacio VIII. In quella che Rafael Olivar Bertrand ha definito “una delle epopee più gloriose della storia umana”, nell’epoca “più gloriosa della storia dell’isola”!
Dopo la drammatica battaglia navale di Capo d’Orlando del 4 luglio 1299 e il ferimento dello stesso Federico III, accolto e difeso dall’intera popolazione di Messina, dopo lo sbarco dell’esercito invasore e la caduta di Catania, nel successivo mese di ottobre, la battaglia decisiva fu combattuta nella piana di Falconaria, tra Trapani e Marsala, il 1 dicembre del 1299.
Con la pace di Caltabellotta, stipulata il 31 agosto del 1302, si concluse, di fatto, la prima fase dei Vespri siciliani.
Prescindendo dall’aspetto formale della denominazione, l’accordo sanciva, in particolare, il diritto di Federico III a essere re assoluto e indipendente del Regno di Trinacria, costituito dalla Sicilia e dalle sue isole minori.
Il decorso della storia della Sicilia è stato enormemente influenzato dal suo “piccolo” Regno di Sicilia, che sarebbe stato soppresso solamente nel 1816, allorché, con Ferdinando I di Borbone, si diede vita al Regno delle Due Sicilie.
Abile condottiero e buon legislatore, Federico III fu carismatico e … perennemente scomunicato!
Promulgò testi assolutamente innovativi per il medioevo, con garanzie costituzionali che andavano dal rispetto di ben precisi doveri, per i reggenti, all’obbligo di convocare il Parlamento siciliano almeno una volta all’anno, nel giorno di Tutti i Santi, alla tutela dei beni dei condannati. Non vanno dimenticate, tuttavia, neppure le tristi norme, emanate nel 1324 dal Parlamento riunito a Enna, che prevedevano la segregazione degli Ebrei.
Accolse alla sua corte i francescani spirituali, perseguitati a partire dal Concilio di Vienne del 1311-1312 e, soprattutto, tra il 1316 e il 1317, con l’ascesa al soglio pontificio di papa Giovanni XXII e il diretto coinvolgimento, nella questione, del “rinomato” inquisitore Bernardo Gui!
Federico III morì il 25 giugno del 1337, tra Paternò e Catania.
Venne temporaneamente sepolto nella Cattedrale di Catania, in attesa che le sue spoglie potessero essere trasferite a Palermo. Cosa che non avvenne mai.
Nel tempo, però, pare che anche del luogo della sua sepoltura sarebbe andata persa la memoria!
Il professore Mirto, al riguardo, mi raccontò un altro aneddoto!
Riunitosi, a Palermo, il Senato accademico per l’approvazione di alcuni progetti di ricerca, egli propose che venisse ricercata, a Catania, la tomba di re Federico III.
Con professori di matematica o di fisica che non capivano di cosa si parlasse, pare che persino alcuni colleghi di Storia abbiano avuto a esclamare … «forse … vuoi dire Federico II?», riferendosi al bisnonno imperatore, il cui sarcofago è ospitato nella cattedrale di Palermo!
«No, … dico proprio Federico III, re di Sicilia!» … la risposta del professore Mirto!
Dopo una dibattuta esposizione della questione, aver fornito i necessari chiarimenti ai confusi interlocutori e pur permanendo, in qualcheduno, tutta una serie di remore, … il Senato accademico approvò il progetto!
Il professore Mirto, con la sua meticolosità e sua pazienza, riportò così alla luce (… alla luce della memoria, innanzitutto!) prima la figura, poi anche la tomba, di … “un re da leggenda”!
Sperai di cuore che Corrado Mirto si riprendesse dai problemi di salute che lo affligevano, innanzitutto per poterci sedere nuovamente a quel caffè di Modica e gustarne le deliziose granite di fichi e mandorle tostate! Poi, per apprezzare, ove l’avesse ritenuto, queste mie righe, umile e indegno tributo alla sua splendida persona e all’amicizia che volle donarmi!