(adattato dal vecchio blog Sikeloi.net, 2012)
Della storia della mia Sicilia, per lungo tempo, ho conosciuto ben poco. Da vergognarsene!
A mia parziale discolpa, la storia che ci hanno insegnato a scuola è quella lì! Credo sia un problema comune alla mia generazione, così come lo è stato per quelle precedenti. Non oso pensare alla scuola di oggi!
Ad ogni modo, uno dei luoghi comuni più usati e abusati prevede che si parli della Sicilia rigorosissimamente in termini di terra di perenni conquiste e dominazioni.
E a fronte di cotante conquiste e di cotanti dominatori, da un secolo e mezzo la Sicilia è stata, finalmente, liberata …
Il professor Corrado Mirto, della cui personale amicizia sono stato onorato e privilegiato, profondo conoscitore della storia siciliana e della rivoluzione del Vespro in particolare, sostiene che … «Quando si vuole togliere l’identità ad un popolo gli si tolgono la cultura, la lingua e la storia, in maniera che i “colonizzati” finiscano con l’identificarsi con la cultura, la lingua e la storia del Paese dominante. Questo è accaduto ai Siciliani, i quali sono stati convinti del fatto che essi non hanno una propria cultura e che la loro lingua è un rozzo dialetto. E a questo proposito è doveroso ricordare un increscioso fatto accaduto qualche anno fa. Il parlamento italiano ha giustamente riconosciuto che dentro i confini dello Stato, oltre alla lingua italiana, vi sono altre lingue che devono essere protette. E così ha stabilito, giustamente, che la lingua sarda deve essere protetta. A questo punto avremmo aspettato di sentire che, siccome in Sicilia vi sono cinque milioni di Siciliani “di origine siciliana”, anche la lingua siciliana doveva essere protetta. Invece la sconcertante decisione del parlamento italiano è stata che il siciliano non è una lingua, ma un rozzo dialetto, e che quindi non deve essere protetto. A favore della lingua siciliana (non del dialetto siciliano) ha preso autorevolmente posizione, con un articolo pubblicato nell’edizione di Palermo del quotidiano “La Repubblica” del 10 dicembre 2000, il professore Francesco Renda, il quale, dopo aver chiarito di non essere separatista e di non essere nemmeno sicilianista, chiede che la lingua siciliana sia insegnata in Sicilia nelle scuole, perché la lingua è «il primo dato costitutivo della identità di un popolo». Io non sono un esperto in campo linguistico, sono però in grado di affermare che nella seconda metà del secolo XIV e nel secolo XV la Real Cancelleria Siciliana emanava in lingua siciliana documenti firmati dal sovrano, e che la regina Bianca, benché navarrese, scriveva le sue lettere in lingua siciliana. Quindi è evidente che essa, dovendo venire in Sicilia per il suo matrimonio con Martino I, aveva studiato la lingua (non il dialetto) del Paese nel quale sarebbe divenuta regina. Con una tenace attività, poi, la storia siciliana è stata fatta in parte scomparire (per esempio: Federico III) e in parte è stata alterata. Per la Sicilia si parla infatti soltanto di dominazioni straniere e i Siciliani sono visti costantemente come oggetti passivi della storia siciliana, che sarebbe fatta sempre dagli stranieri. E così si parla per la Sicilia di dominazione normanna (i Normanni all’inizio vennero da fuori, ma poi la dinastia divenne una dinastia nazionale); di dominazione sveva (gli Svevi non occuparono mai la Sicilia: era Federico II, re per legittima successione, che era “di Svevia”); di dominazione aragonese (sorvolando anche sul fatto che per alcuni anni il regno di Sicilia fu in guerra con il Regno d’Aragona). La lettura del quadro genealogico dei re di Sicilia ci riserva inoltre una sorpresa: dall’inizio del Regno di Sicilia, che si ha nel 1130 con Ruggero II, alla fine dell’indipendenza del Regno che si ha con l’ascesa al trono d’Aragona e di Sicilia di Ferdinando I nel 1412, nel succedersi di tante presunte dominazioni straniere, nel Regno vi fu per quasi trecento anni sempre la stessa dinastia, nella quale la successione qualche volta si ebbe per linea femminile, come, per esempio, nel caso di Costanza d’Altavilla. Con questa attività volta a distruggere la storia siciliana è stata ottenuta la cancellazione della memoria storico-culturale dei Siciliani, è stata ottenuta, per usare un termine adoperato da qualche studioso, la deculturalizzazione del popolo siciliano. Grazie a questa attività i Siciliani conoscono la storia di Crema e di Cremona, sanno tutto sul tumulto dei Ciompi, ma non sanno, per esempio, chi sia il loro grande sovrano Federico III.»
Le parole del professore Mirto traevano spunto dal recupero storico, cui gli va riconosciuto almeno parte del merito, della figura di Federico III, incoronato re il 25 marzo 1296 nella cattedrale di Palermo, che «guidò vittoriosamente la resistenza del piccolo popolo siciliano contro una grande coalizione europea e durante il suo regno fece il “miracolo”, in un paese dove è tradizionale una cupa, sorda ostilità contro il potere centrale, di rendere il suo governo popolare tra i Siciliani».
Per differente linea di pensiero, magari il professore Mirto non avrà mai fatto salti di particolare gioia per l’accostamento, ma così si esprimevano, nel 1860, Karl Marx e Friedrich Engels (Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377) … «In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell’isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà. Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza come meglio poterono al predominio degli armamenti e all’arte militare degli invasori cartaginesi e greci. Questi primi siciliani, tuttavia, non persero mai l’occasione di lottare per la libertà I romani fecero lavorare la terra siciliana da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri della Città Eterna con il grano siciliano. Le terribili crudeltà dei proconsoli, pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità con la storia di Roma, o con l’oratoria ciceroniana. In nessun altro luogo, forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione dell’impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori. Poi i mori se ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni originarie dell’interno, resistettero sempre Quando le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali, i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro luogo. Prima di ogni altra nazione europea, i siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia. Ora la Sicilia è di nuovo insanguinata, e l’Inghilterra è la distaccata spettatrice di queste nuove orge dell’infame Borbone, e dei suoi non meno infami favoriti, laici o clericali, gesuiti o uomini d’arme. I chiassosi declamatori del parlamento britannico riempiono l’aria di vuote chiacchiere sulla Savoia e i pericoli della Svizzera, ma non hanno neppure una parola da dire sui massacri delle città siciliane. Non un grido di indignazione si leva in tutta Europa. i siciliani saranno alla fin fine i vincitori, anche sotto un Murat o qualsiasi nuovo dominatore. Ogni cambiamento non sarà che verso il meglio.»
Alfine arrivo l’unità d’Italia … e la Sicilia fu liberata …