Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, nacque a Palermo il 30 settembre 1756, unico figlio di Gaetano e della contessa Lucrezia Cedronio.
Lo sviluppo di una spiccata coscienza sociale fu favorito, fin da piccolo, dal padre, vicario e visitatore generale dei regi caricatori e promotore di progetti di riforma che andavano contro speculazioni e arbitri baronali.
Ulteriori stimoli gli vennero dalle simpatie per le idee innovative e illuministe del marchese Domenico Caracciolo, viceré di Sicilia dal 1781 al 1786, anni in cui fu capace di battersi contro i privilegi di aristocrazia e clero, nonché dagli echi della Rivoluzione francese che, dal 1789, cambiò la storia d’Europa.
Successivamente alla stipula del Trattato di Amiens del 25 marzo del 1802, di relativa e provvisoria pace tra Francia e Inghilterra e di riconoscimento, da parte di quest’ultima, della repubblica francese, si mise in viaggio girando per Italia, Francia e Inghilterra.
Nello stesso anno, alla morte del padre, ne ereditò il seggio al Parlamento siciliano, ove si batté con forza, nel 1802 e nel 1806, contro la corte borbonica e le somme dalla stessa pretese per il suo mantenimento a Palermo.
Nel 1810, con la Sicilia sotto tutela della flotta inglese nel Mediterraneo a seguito dei trattati “di alleanza e di sussidi” del 30 marzo 1808 e del 13 maggio 1809, appoggiò l’abate Paolo Balsamo nella richiesta di una più equa ripartizione del carico fiscale tra le diverse classi sociali e fu tra i promotori di una protesta contro gli editti governativi del 14 febbraio del 1811, coi quali furono espropriati e messi in vendita i beni della Chiesa e dei comuni.
Oramai apertamente indipendentista, venne arrestato il 20 luglio del 1811 e deportato a Favignana. Fu liberato sei mesi dopo, grazie all’intervento di Lord William Bentinck, comandante delle forze inglesi nell’isola.
Il 12 luglio del 1812 fu promulgata la nuova Costituzione siciliana da lui voluta e materialmente scritta, sul modello di quella inglese, dall’abate Balsamo. Costituzione che imponeva al sovrano ben precisi doveri, prevedeva la divisione dei poteri con attribuzione di quello legislativo a un Parlamento bicamerale, decretava l’abolizione di antichi privilegi baronali, sanciva la libertà di stampa e stabiliva diritti e doveri del cittadino.
Tornato re Ferdinando, nel 1814, il Parlamento siciliano non venne più convocato e la stessa Costituzione del 1812, seppure senza una formale abrogazione, cadde disattesa per la concomitante soppressione del Regno di Sicilia, l’8 dicembre del 1816, e la sua annessione al neonato, fantasioso, inverosimile e offensivo regno delle due sicilie.
Nel 1817, Carlo Cottone si ritirò definitamente a vita privata.
Dal 1816, quindi, la Sicilia non solo perdette la sua storica indipendenza durata ben 686 anni, dalla notte di Natale del 1130, con la proclamazione a re di Sicilia di Ruggero II d’Altavilla, ma si vide gravata da nuove tasse e balzelli, dall’imposizione di una fino ad allora sconosciuta leva obbligatoria, dallo stesso divieto di sventolare la propria storica bandiera.
Fu così che, nel mese di giugno del 1820, Palermo insorse!
Come ricorda Angelo Severino nel suo “La rivolta siciliana del 1820”, pubblicato su L’Ora Siciliana del 9 giugno 2019, in quei mesi di orgoglio e furore il popolo si rivolse a Carlo Cottone a che lo capitanasse. Citando le parole di Francesco Crispi, Angelo Severino ricorda:
«Il 18 luglio 1820 il popolo siciliano (spinto dalla carboneria a fondersi in quella menzogna geografica ch’era il Regno delle Due Sicilie) si volge al principe di Castelnuovo perché voglia capitanarlo; il vecchio patrizio, al vedere il tricolore sul petto dei cittadini, grida: Quella non è la coccarda siciliana! E volge loro le spalle.»
Carlo Cottone morì il 24 dicembre del 1829 a Palermo, la sua città, che nel 1873 gli dedicò una statua in Piazza Castelnuovo, meglio nota come Piazza Politeama. Statua che, posta davanti al Palchetto della Musica, guarda oggi in direzione di quell’altra, eretta in onore di Ruggero Settimo, il “padre della patria siciliana”, l’Inviolabile, colui che volle adempiere alle volontà di Carlo Cottone inaugurando, il 14 novembre del 1847, l’Istituto Agrario di Palermo, presso Villa Castelnuovo.
A N T U D U !
(alla siciliana, come mi hanno insegnato Pippo Scianò e Corrado Mirto, con la U finale al posto della O, espressione formalmente inesatta ma più vera e vicina al modo di esprimersi di un popolo fiero nei secoli, ma forse un po’ digiuno di Latino!)