Sono cresciuto in una casa di gatti!
Da almeno una cinquantina d’anni, un gatto non è mai mancato. Negli ultimi trent’anni o poco meno, poi, dando loro una grande libertà: dentro, oppure fuori in giardino, in cortile o per strada, se ne hanno avuto voglia!
È capitato, in passato, che scrivessi di Gionni, mia splendida compagna per diciotto anni, (Gionni non si chiama Johnny, Il sorriso di Gionni). In futuro, magari, capiterà di parlare di Tello, il trovatello che, pochi mesi dopo la sua morte, ci scelse come compagni di strada.
Caratteristica distintiva dei gatti dal manto tigrato, compreso il comunissimo gatto comune, che sia di razza europea o fuori standard, è una particolarità cromatica individuata dalle striature più scure, una M che campeggia sulla fronte e tra gli occhi, chiara e nitida.
Leggenda cristiana vuole che, la notte del primo Natale, Gesù Bambino non riuscisse a prendere sonno. La Vergine allora, vane le sue nenie, si rivolse agli animali chiedendo il loro aiuto. Ma tutti si tirarono indietro, l’asino non avrebbe saputo cosa fare; il gallo era fatto per svegliare, non per far addormentare; il lupo addirittura scappò; soltanto la pecora provò ad emettere un inutile belato; e così via. Tutti si tirarono indietro tranne un gatto tigrato che, saltato dentro la culla, si accoccolò accanto al Bambino conciliandone il sonno con le sue fusa! Grata e riconoscente al gattino, la Vergine Maria chiese per lui una ricompensa al Padre. Fu così che, da allora, tutte le generazioni di gatti tigrati si distinguono per portare impressa, sulla fronte, la M di Maria.
Secondo un’altra leggenda, quella stessa prima notte di Natale una gattina tigrata partorì dei cuccioli insieme ai quali, poi, andò alla mangiatoia per adorare Gesù Bambino. Intenerita, Maria le fece una carezza sulla fronte, lasciandovi impressa l’iniziale del suo nome.
Esiste anche una versione islamica che racconta di come la gattina Muezza abbia un giorno salvato Maometto dall’attacco di un serpente velenoso. In segno di riconoscenza, da quello stesso giorno su tutti i gatti tigrati sarebbe rimasta impressa, sulla fronte, l’iniziale del suo nome.
Si narra anche che, un giorno, mentre Maometto leggeva, un gatto si addormentò sul suo braccio. Giunta l’ora della preghiera e convintosi che, dormendo beatamente, il gatto stesse comunicando con Allah, egli preferì tagliarsi la manica della preziosa veste che indossava, piuttosto che svegliarlo.
Al suo ritorno, il gatto gli si strusciò riconoscente, facendo le fusa. Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso e gli donò, con l’imposizione delle mani sulla schiena, la capacità di cadere sempre sulle quattro zampe, senza farsi male.
Secondo una leggenda tramandata dai nativi americani, poi, un animale che muore va alle soglie del Paradiso, in un meraviglioso luogo chiamato il Ponte dell’Arcobaleno.
Lì, corre e gioca felice insieme a tutti quegli altri che, anche loro, hanno attraversato il ponte!
Poi, un giorno, capita che uno di loro si fermi all’improvviso e, vigile, scruti lontano. Inizia a correre, veloce, allontanandosi dagli altri: ha ritrovato il suo amico umano da cui, adesso, non dovrà più separarsi!
A questo mito si aggancia quella che pare sia una leggenda irlandese, diffusa su social e siti web in forme pressoché identiche o più o meno simili tra loro.
Un uomo amava moltissimo il suo gatto. Quando questo morì, per lui fu un colpo durissimo, che gli fece comprendere come quel micio fosse stato l’unico essere vivente ad amarlo davvero incondizionatamente.
Quando anch’egli morì, il suo ultimo pensiero fu di gioia, perché lo avrebbe potuto finalmente rivedere. Infatti, era lì ad aspettarlo, ronfante e felice.
Fu così che, insieme al suo gatto, si incamminò lungo una strada di campagna, in cui un cartello indicava la direzione del “Paradiso”. Dopo un po’, superata una fattoria, vide da lontano un grande cancello bianco. Raggiuntolo, rimasero entrambi estasiati dalla luminosità che emanava dai luoghi che vi erano oltre.
Gli si avvicinò un uomo vestito di bianco che, dopo averlo salutato e accolto, gli spiegò come il Paradiso fosse solo per gli umani, gli animali non vi erano ammessi.
L’uomo guardò il meraviglioso compagno della sua vita, l’unico ad averlo amato incondizionatamente …
Presolo in braccio, decise così di tornare indietro!
Arrivato alla fattoria che aveva incontrato all’andata, un anziano signore pieno di rughe lo salutò, gli offrì da bere e diede da bere anche al povero ed esausto gatto.
Lo invitò quindi a cena, pur sapendo di non avere molto da offrire.
A cena, poi, una cena semplice ma durante la quale l’uomo si sentì finalmente sereno e in pace mentre il suo gatto, felice, stava accoccolato vicino al fuoco, … a cena, l’anziano signore gli chiese di restare lì con loro, considerato che, di fondo, non aveva altri posti in cui andare. Avrebbe avuto una sistemazione semplice ma dignitosa, lavorato la terra e accudito gli animali insieme alle sue figlie e ai suoi figli … e il suo gatto sarebbe potuto rimanere a correre e giocare insieme agli altri.
L’uomo accettò e rimase così a vivere e lavorare nella fattoria, sereno e felice come non mai.
Ma un giorno, mentre lavorava nei campi, ripensò al cancello luminoso che aveva rifiutato di varcare e gli sopravvenne la paura di finire all’inferno. Si precipitò allora dall’anziano signore, chiedendogli dove si trovasse davvero e perché lui e gli altri della fattoria fossero stati cacciati dal Paradiso.
Il vecchio sorrise e disse: «Figlio, quel posto non è il Paradiso. Non lasciarti imbrogliare dai cancelli che brillano. Pensi davvero che Dio rifiuterebbe l’ingresso ad uno dei suoi angeli?», … mentre il gatto gli si strusciava sulle gambe e faceva le fusa per dire che era d’accordo!
Ancora, chiese all’uomo se fosse felice lì e se gli piacesse il lavoro nei campi. L’uomo annuì e disse che era la cosa migliore che gli fosse capitata. Il vecchio sorrise di nuovo e disse: «Allora, che dubbi hai? Non tutto quello che vuoi è bene per te, il tuo cuore desidera molte cose che potrebbero farti male e tu devi fare molta attenzione ai tuoi desideri. Se non sei felice qui puoi andartene quando vuoi, ma a me piacerebbe che tu restassi. A proposito, dove credi di essere?».
E mentre l’anziano contadino sollevava il micio fin sulla sua spalla per accarezzarlo meglio, l’uomo si accorse di come avesse un’aureola luminosa e di come anche molti degli animali ne avessero una.
«Sì», disse il vecchio, «adesso hai capito. Loro sono l’unico modo che ho per raggiungere la maggior parte di voi e sono felice che il tuo angelo finalmente ti abbia riportato da me».
Quindi lo abbracciò, … «la tua famiglia ha sentito la tua mancanza, bentornato a casa».
E l’angelo, appollaiato sulla spalla di Dio, ronfava felice!